A prima vista, scrivere un romanzo che ha luogo su un altro
pianeta può sembrare un compito più facile che comporre, per
esempio, un’opera ambientata nella Londra vittoriana del XIX secolo:
l’autore del romanzo storico deve documentarsi a fondo per
riproporre, senza errori marchiani, costumi e ambientazioni di
un’epoca passata ma proprio per questo ben nota a lettori, critici e
studiosi. Deve evitare anacronismi, fare in modo che i personaggi
dialoghino con i toni e gli idiomi tipici del periodo, e mantenere
l’atmosfera di quei tempi. Lo scrittore di fantascienza invece può
inventare di sana pianta ambienti e personaggi, mescolare esseri
umani e alieni, creare nuovi costumi, religioni, particolarità
tecniche e scientifiche senza nessun vincolo o quasi. |
Questa tuttavia è una visione superficiale del problema: basta
soffermarsi sulle opere più significative composte dagli autori di
fantascienza fin dalla nascita del genere – in genere i massimi
critici del settore concordano nel ritenere gli inizi del secolo
scorso la data cardine, coincidente con le fondamentali opere di
Herbert George Wells, vero padre letterario della SF moderna – per
rendersi conto subito della difficoltà immensa fronteggiata dagli
scrittori del genere. |
Fino all’uscita di Dune, nell’ormai lontano 1964, nessun
autore di fantascienza era riuscito a realizzare l’impresa compiuta
da Frank Herbert, e cioè la creazione, fin nei minimi dettagli, di
un ecosistema e di un universo completo e complesso. L’Impero
galattico di Asimov con la sua capitale Trantor, megalopoli-pianeta
al centro dell’universo civilizzato, non è altro che un’immagine
schematica e ampliata su scala cosmica della comunità terrestre
dell’epoca, mentre le civiltà extraterrestri immaginate da Alfred
Elton Van Vogt e Robert Heinlein nei loro romanzi di
incontri-scontri tra uomo e alieni sono solo abbozzate e molto
grezze, per non parlare dei simpatici mondi alieni di Clifford
Simak, che per sua natura prediligeva la dimensione intimistica e
pastorale, quanto mai distante narrativamente parlando
dall’impressionante cosmo di Herbert. |
La storia di Paul Atreides, figlio del Duca Leto, e del desertico
pianeta Dune (o Arrakis, come è chiamato dai suoi abitanti) spicca
nell’ambito della letteratura fantascientifica della sua epoca (e
anche di quelle successive) per la complessità e compiutezza
narrativa. Frank Herbert utilizza infatti con somma maestria i
canoni classici di ogni tradizione letteraria e di quella
fantastico-fantascientifica in particolare, riprendendo alla
perfezione strutture come la ‘quest’, il rituale della maturazione
giovanile e d’iniziazione all’età adulta, il melodramma e i
complotti machiavellici per la conquista del potere. |
E tuttavia Dune spicca soprattutto per l’abilità
dell’autore nella creazione di un ecosistema fittizio ma reso
‘reale’ attraverso la copiosità dei dettagli rappresentativi,
attraverso la minuziosa creazione di un mondo alieno arricchito da
una cultura, da tradizioni, istituzioni religiose, usi e costumi
accuratamente descritti, da una flora e una fauna, insomma da
un’ecologia aliena congruente e affascinante. |
Al centro di questo ecosistema si trova poi una delle più
fantasiose e indimenticabili creazioni dell’intera fantascienza,
quella dei ‘vermi delle sabbie’, giganteschi mostri del deserto che
condizionano con la loro esistenza la vita dell’intero universo: da
loro viene infatti estratto il melange, la spezia con cui
viene creata la potentissima droga che consente ai Navigatori della
Gilda Spaziale di far viaggiare le astronavi nel cosmo
conosciuto. |
Arrakis, il pianeta desertico di proprietà del Duca Leto – con i
suoi i vermi della sabbia e le tribù dei Fremen (non è un caso che
il nome degli abitatori dei deserti di Arrakis sia una contrazione
di Free Men, e cioè Uomini Liberi), attaccati con
tenacia a quella che appare come la più precaria delle nicchie
ecologiche attraverso una fanatica scrupolosità nella conservazione
della pur minima goccia d’acqua, riciclata e raccolta con i migliori
strumenti tecnologici, nella consapevolezza che essa rappresenta la
vita e il futuro per tutti loro – costituisce probabilmente il più
convincente ambiente planetario mai creato da un autore di
fantascienza. |
C’è un aspetto però che deve essere sottolineato più di altri, un
tema innovativo che rende unico questo capolavoro e fondamentale la
figura di Frank Herbert nella storia della fantascienza moderna:
Dune è la prima opera di fantascienza ecologica in senso stretto,
probabilmente il primo romanzo che pone la coscienza dei lettori di
fronte alle terribili conseguenze del consumismo estremo imposto dal
sistema capitalistico. La storia del deserto di Arrakis, e dei
Fremen, che accoglieranno al loro interno il giovane Paul (destinato
a divenirne il capo e a guidarli nella rivolta contro le vecchie e
rigide gerarchie), è la storia di chi vuole difendere la natura del
pianeta, e soprattutto è la visione di un uomo che ha a cuore la
sorte della terra in cui vive, e che vedeva già nell’ormai lontano
1960 le tristi conseguenze di un’insensata predazione delle risorse
da parte dell’Homo Sapiens. |
È certo che questa attenzione all’aspetto ecologico ha contribuito
non poco al successo enorme di Dune. Quest’opera fu
pubblicata infatti proprio in un momento in cui la fantascienza e il
mondo intero erano sull’orlo di un cambiamento radicale: la seconda
metà degli anni Sessanta avrebbe portato sconvolgimenti radicali sul
fronte politico e sociale. Tra le nuove istanze condotte di fronte
alla coscienza pubblica un ruolo preminente avrebbero avuto proprio
l’aspetto ecologico e il rifiuto del consumismo capitalistico e
dello sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta. Quando, agli
inizi degli anni Settanta, arrivò la prima crisi energetica, Frank
Herbert si ritrovò immediatamente nelle vesti di ‘guru’ del nuovo
movimento ambientalista, seguito e adorato dalle masse dei giovani
politicamente ed ecologicamente motivati. |
Ma non c’è solo l’attenzione ai temi dell’ecologia né il complesso
studio scientifico/antropologico a rendere Dune il massimo
capolavoro della fantascienza. |
Innovativo come nessun romanzo di fantascienza prima della sua
uscita, Dune riecheggia, come già accennato en passant, le
‘quest’ dei grandi cicli fantastici (a partire da Il Signore
degli Anelli), con l’eroe alla ricerca di un equilibrio su cui
possa basarsi il futuro dell’universo conosciuto. La sua
maturazione, da giovane inesperto a maestro in grado di gestire
immensi poteri mentali (quanto si sarà ispirato George Lucas a Frank
Herbert nel suo ciclo di Guerre Stellari?), non è tuttavia
dissimile da quella narrata da Robert Heinlein o Alfred E. Van Vogt
in celeberrimi classici della fantascienza come Cittadino della
galassia o Slan, ma la grandezza di Herbert sta
proprio nel mescolare in maniera sapiente e innovativa elementi
raccolti a piene mani da generi letterari precedenti. |
Non mancano nemmeno tocchi goticheggianti: l’inizio stesso del
romanzo rimanda alla tradizione del genere gotico, con la cupa
descrizione di castel Caladan, l’antico maniero di pietra dove vive
la famiglia del Duca Leto, e l’immediata apparizione, attraverso un
passaggio a volta, di una vecchia simile a una strega, con i capelli
stravolti e irti come ragnatele e occhi scintillanti come gioielli
nel buio. |
E tuttavia siamo subito ricondotti ai canoni del genere
fantascientifico, perché Herbert ci spiega che la luce strana
attraverso cui appare la vecchia non è altro che una banale lampada
sospesa in alto. |
Paul Atreides viene sì educato all’uso di armi simili alle spade
di Lancillotto e Artù, ma duella contro automi e indossa uno schermo
di forza (anche qui notiamo una probabile influenza sul successivo
ciclo cinematografico di George Lucas). Gli archetipi della fantasy
e del romanzo gotico si mescolano qui in maniera precisa e indolore
con quelli della tradizione fantascientifica. |
Se vogliamo però approfondire un attimo la struttura narrativa di
Dune e dei suoi seguiti, dobbiamo comprendere le basi su cui
si regge una trama complessa e affascinante, e cioè i flussi tattici
e strategici dell’universo che ne costituisce il background. |
L’universo di Dune è ufficialmente e apertamente
‘feudale’: tutti i pianeti appartengono formalmente all’Imperatore,
ma, come ci insegnano aperti richiami alla storia terrestre, il suo
potere, pur se assoluto, si basa sulla cooperazione di una serie di
strutture che controllano il commercio e i trasporti all’interno
dell’Impero. |
Ecco quindi i poteri baronali dei ‘grandi elettori’ dell’Impero, i
cugini dell’Imperatore che controllano interi pianeti e lo
sostengono nei momenti di crisi; duchi e baroni, come gli Atreides
da cui discende Paul e i loro acerrimi nemici, gli Harkonnen, del
sadico Barone Vladimir. |
Collettivamente il loro potere è perfino superiore a quello
dell’Imperatore, per cui il principale dovere politico del
governatore supremo è proprio quello di fomentare le loro rivalità
interne, metterli l’uno contro l’altro, in sostanza applicare la
saggia filosofia del divide et impera dei Romani. |
In più l’Imperatore dispone di un altro eccezionale sistema di
difesa contro gli attacchi e le trame dei baroni: la guardia
pretoriana, costituita dai temibili guerrieri Sardaukar, addestrati
e quasi imbattibili nel combattimento individuale. |
La struttura imperiale si basa quindi su un equilibrio altamente
precario: la stessa efficacia dell’armata privata dell’Impero
incoraggia le alleanze che l’Imperatore teme: alleanze tra i duchi e
i baroni che compongono il senato dell’Impero, il Landsraad. Il
terrore basilare di ogni nobile è proprio quello di trovarsi isolato
dagli altri a combattere contro i Sardaukar, e tuttavia le gelosie
interne impediscono il nascere di una vera alleanza in grado di
ribaltare il potere assoluto. |
Come accennavamo prima, la rivalità tra gli Atreides, imparentati
con l’Imperatore e di antica nobiltà, e gli Harkonnen, parvenu che
hanno raggiunto la nobiltà in base al loro potere commerciale, è
totale e basilare nella struttura narrativa del ciclo: la
ritroveremo anche in tutti i seguiti e nei vari prequel composti dal
figlio di Herbert, Brian, assieme al valido Kevin J. Anderson. |
Gli Harkonnen invidiano i nobili Atreides, che invece disprezzano
l’avidità e la ricchezza dei mercanti loro rivali. La rivalità di
entrambi con l’Imperatore, e il suo timore di entrambi è alla base
della storia, sui cui sviluppi non ci soffermeremo ulteriormente. |
La struttura di potere feudale è tuttavia anacronistica, perché il
potere vero inevitabilmente va verso chi detiene le redini della
ricchezza e del commercio. E qui il commercio interstellare è nelle
mani di una grande e potentissima corporazione, la CHOAM, e della Gilda
dei Navigatori, che controllano la possibilità del viaggio
interstellare: il trasporto delle merci da un sistema solare
all’altro è alla fin fine il perno su cui si regge l’equilibrio del
sistema, e tale perno è gestito dai Navigatori della Gilda,
gli unici in grado di guidare le astronavi da un punto all’altro
della galassia, attraverso l’uso della ‘prescienza’ loro garantita
dal melange, la droga ricavata appunto dai giganteschi vermi della
sabbia. La secrezione dei vermi è alla base del melange, e dunque
alla base stessa dell’essenza della civiltà e della sicurezza del
mondo conosciuto. |
E così il circolo si chiude: tutto nasce e ritorna a Dune, che è
il pianeta focale per i destini dell’Impero e dell’universo creato
da Frank Herbert. Si tratta di un’ecologia chiusa, in equilibrio
instabile. L’Impero si basa sul Landsraad, il Landsraad sull’Impero.
Entrambi ricavano il loro potere economico dalla CHOAM, che non può
funzionare senza la Gilda Spaziale, che a sua volta dipende
dalla spezia. E così Frank Herbert ha a sua disposizione tutta la
machiavellica struttura dei complotti di potere a cui attingere a
piene mani, e non si può non riconoscere che in questo è un vero
maestro. |
E tuttavia altre strutture di potere contribuiscono alla
complessità di questo impareggiabile capolavoro letterario, come i
‘Mentat’, uomini dalle abilità mentali straordinarie, in grado di
risolvere problemi di una complessità superiore rispetto a quelli
gestiti da supercomputer informatici. E infine abbiamo le Bene
Gesserit, un ordine religioso di sole donne, anche loro dotate di
abilità immense e particolari, capaci di prevedere e assecondare il
futuro... sono mogli, concubine, profetesse che per il loro
padrone-patrono-marito possono rilevare immediatamente le menzogne o
il grado di verità delle asserzioni fatte da estranei di poco
affidamento. |
Le Bene Gesserit hanno inoltre uno scopo particolare, e qui
interviene l’elemento religioso che è anch’esso alla base di Dune.
A differenza delle altre strutture di potere che abbiamo citato
(l’Impero, il Landsraad, la CHOAM, la Gilda Spaziale, i
Mentat), le Bene Gesserit non si limitano a giocare un ruolo nella
Realpolitik dell’universo di Frank Herbert. Hanno infatti uno scopo
egoistico e perseguono da secoli un programma eugenetico a sfondo
religioso. |
Le reverende madri, unite nella memoria collettiva di tutte le
loro progenitrici, hanno intenzione di generare, attraverso accurate
selezioni e accoppiamenti, un reverendo padre che possegga la
memoria razziale collettiva, sia maschile che femminile, e sia
quindi in grado di guidare l’Impero verso un futuro di nuovo
splendore. |
Così Paul Atreides, che combina in sé queste caratteristiche
genetiche, costituisce il fulcro dell’azione delle Bene Gesserit:
addestrato a operare con i poteri mentali delle Reverende Madri e
con quelli tipicamente maschili dei Mentat, educato poi dai Fremen
del deserto a combattere come uno dei migliori guerrieri Sardaukar,
e al tempo stesso pretendente legittimo al trono dell’Impero,
diventa la figura messianica che farà da perno alla pressione dei
Fremen di Arrakis per la libertà e li condurrà all’indipendenza. |
Paul Atreides è dunque un Cristo, una figura umana e al contempo
divina. Ciò che lo contraddistingue è e rimane appunto la sua
umanità, perché, pur nel suo desiderio di controllare le forze che
lo circondano e che tentano di avvincerlo nei loro grovigli, Paul
rimane sempre più vittima che dominatore di questo complesso sistema
di strutture, e soprattutto non rinuncia, nemmeno nei momenti finali
e cruciali della sua esistenza, a una propria umanità. |
Romanzo complesso e maturo, Dune riecheggia dunque stilemi
e strutture letterarie dell’intera fantascienza e della letteratura
fantastica in generale: romanzo corale, narra la storia di un
incredibile numero di personaggi, il cui scopo però rimane sempre
quello di confluire su Paul, attore portentoso di un gioco in cui è
pedina e re contemporaneamente. |
Due parole infine sulla figura di Frank Herbert e sulla sua
produzione letteraria: pur essendo legato indissolubilmente a questo
ciclo (che costituisce il suo capolavoro assoluto), questo scrittore
fu molto prolifico e ci ha lasciato una serie di opere di importanza
non trascurabile. |
Nato a Tacoma (USA) nel 1920, Herbert frequentò l’università a
Seattle, nello Stato di Washington. Dopo aver lavorato per vari anni
come reporter e redattore in alcuni giornali della West Coast,
decise di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. |
Il suo esordio come autore di fantascienza avvenne nel 1952, ma il
suo primo romanzo risale al 1955: si tratta di un thriller
psicologico di una certa levatura, ambientato in un sommergibile
nucleare di un futuro distopico non troppo lontano. The Dragon
in the Sea, apparso sulla rivista Astounding come Under
Pressure nel 1953 e in volume l’anno successivo, dimostra
chiari segni di una buona capacità narrativa. |
Lodato dalla critica e abbastanza apprezzato dal pubblico, questo
avvincente thriller non lascia tuttavia presagire la splendida
evoluzione di Herbert da giovane e acerbo narratore a scrittore
vero, di grande caratura, che avviene qualche anno più tardi. Nel
1963-64, appare infatti a puntate, su Astounding-Analog, Dune
World, che costituirà la prima parte di Dune, e sarà seguito
nel 1965 da The Prophet of Dune. Nel 1966 le due parti
saranno amalgamate nell’opera completa, che andrà a vincere i due
maggiori premi fantascientifici dell’epoca, lo Hugo e il Nebula. |
Il successo di questo romanzo, enorme e forse inaspettato,
spingerà Herbert a ritornare più volte a questa serie e ai suoi
personaggi, approfondendone aspetti sociali, filosofici e religiosi
con un’accuratezza che è difficile riscontrare in altri cicli e in
altri autori. |
Nel 1969 appare Messia di Dune, che elabora gli aspetti
machiavellici degli intrighi di potere che si succedono all’interno
delle strutture imperiali, mentre I figli di Dune, del 1976,
riesce a ricatturare gran parte della forza narrativa e dell’epopea
dell’opera originale, riprendendo al contempo la tematica ricorrente
dell’opus di Herbert, vale a dire l’evoluzione dell’Uomo in un
essere superiore, il superuomo dai poteri divini che tante volte
abbiamo visto nei grandi classici della SF, a partire da Slan
di Van Vogt e Odd John di Olaf Stapledon. |
In anni successivi altri romanzi appariranno nella serie, con
alterne fortune e significatività, da L’imperatore-Dio di Dune
(1981), a Gli eretici di Dune, del 1984, per finire con La
rifondazione di Dune, del 1985. |
La seconda trilogia, pur non raggiungendo i livelli delle prime
tre opere, rielabora come nello sviluppo dei movimenti di una grande
sinfonia, il materiale iniziale, presentando approfondimenti
narrativamente e intellettualmente apprezzabili delle tematiche
originali. |
Per quanto il ciclo di Dune abbia dominato tutto l’arco
della carriera letteraria dell’autore (ricordiamo l’uscita, nel
1984, del film di David Lynch tratto dal primo romanzo,
trasposizione cinematografica non priva di un certo valore estetico
e immaginifico ma certamente assai difettosa e confusa), Frank
Herbert continuò nel frattempo a produrre numerose altre opere,
offuscate purtroppo dal successo del grande capolavoro, ma non prive
di valore. |
Ricordiamo soltanto Il cervello verde (1966), che pone il
tema delle mutazioni genetiche nel mondo degli insetti, Creatori
di paradisi (1968), sul tema dell’immortalità, La barriera
di Santaroga (1968), che descrive un nuovo ordine di
intelligenza artificiale evolutosi all’interno di una comunità
isolata, quasi utopica (il tema del superomismo e della mutazione
genetica è centrale nell’opera di Herbert), e soprattutto il
notevole L’alveare di Hellstrom (1973), probabilmente il suo
miglior lavoro dopo Dune. |
L’alveare di Hellstrom presenta con convincenti dettagli
una colonia umana costituita da persone modificate e selezionate
geneticamente, e basata sulla struttura e sui princìpi degli
alveari, vale a dire con funzioni e specializzazioni socialmente
diversificate; in questa società l’individuo ha un valore
trascurabile, mentre l’importanza fondamentale sta nella
continuazione e nel funzionamento dell’entità alveare. Il romanzo
mostra, con grande efficacia, le contraddizioni di una società
apparentemente perfetta e utopica, ma mostruosa nelle sue
conseguenze per l’individuo. |
In conclusione, anche se gran parte dell’opera di Herbert non è di
facile lettura, la complessità delle sue trame e la genialità delle
sue idee rappresentano il prodotto di un intelletto speculativo con
pochi rivali in tutta la storia della fantascienza moderna. |
Sandro Pergameno |